Adriano Bonafede
«Come azionista di Generali non posso dire di essere particolarmente soddisfatto, fino a questo momento, dell’attuale gestione. In fondo, cosa è stato fatto in questo anno e mezzo? Sono state vendute alcune partecipazioni frutto della precedente gestione: una quota di Banca Generali, gli asset in Messico e in Usa, i Btp, ecc. Ma, ecco il punto, queste vendite non sembrano essere sempre avvenute nel momento giusto». Non è tenero con l’ad Mario Greco, Enrico Marchi, presidente di Save e fondatore con Andrea de Vido di Finint. E non soltanto per questo motivo. Dottor Marchi, si spieghi meglio. «Semplice. Di Banca Generali, che è stata fuor di ogni dubbio un ottimo investimento del precedente ad di Generali, Giovanni Perissinotto, è stato venduto il 20 per cento quando valeva 13 euro. Oggi ne vale 24. Se fosse stata venduta oggi, quella quota avrebbe fruttato 250 milioni in più. E che dire dei Btp? Ne sono stati venduti 10 miliardi quando lo spread era a 400 punti base mentre oggi è a meno di 200. Duecento punti base per una duration di 5 anni media: a quanti soldi abbiamo rinunciato? ». Però lei fa i conti con il senno di poi. Quando furono venduti i 10 miliardi di Btp il rischio Italia era ancora molto forte, mentre per Banca Generali è stata realizzata una buona plusvalenza. «Se per Banca Generali è stata realizzata una buona plusvalenza lo si deve all’intuizione di Perissinotto, che investì 20 milioni di euro per crearla,
mentre ora vale 2,7 miliardi. Ma detto questo – che non è poco – non è che voglia fare i conti con il senno di poi. Il punto, però, è che io mi aspetterei da un ad di Generali l’abilità di capire quale sia il miglior timing per fare certe operazioni. Per esempio, sui Btp si poteva capire che forse per il rischio Italia il peggio era ormai alle spalle e che sarebbe stato meglio attendere un po’. La stessa cosa, mutatis mutandis, la potrei dire per Banca Generali. Inoltre, Generali ha ricomprato le quote di Kellner nella controllata Ppf in anticipo rispetto ai tempi massimi. Segno che non era proprio un cattivo affare quello iniziato da Perissinotto. Eppure sull’ex ad si continua a gettare fango con questa storia infinita di un’eventuale azione di responsabilità nei suoi confronti». Da quel che si è capito finora, il precedente management potrebbe aver violato alcune norme di governance. «Guardi, io posso capire che in una certa misura sia normale e faccia parte del gioco che chi viene dopo tenda a mettere in cattiva luce chi c’era prima. Lo facevano anche gli antichi romani e la chiamavano “damnatio memoriae”. Ma queste sono cose che si fanno subito e poi si volta pagina. Qui non si volta mai pagina. E i danni per Generali sono evidenti». Ma i danni che giustificherebbero un’eventuale azione di responsabilità non sono altrettanto evidenti? «Intanto diciamo che le questioni interne di Generali dovrebbero rimanere all’interno. Invece dal cda escono continuamente notizie riservate. Prima il rapporto di Kmpg che si ritrovò spiattellato un anno fa sul Corriere della Sera. Poi i pareri legali dello studio Bonelli Erede Pappalardo e di altri avvocati. La tradizione di Generali è sempre stata quella di un’estrema riservatezza. Ora, invece, il cda sembra simile a quello di una municipalizzata o della ultima finanziaria regionale, dove si utilizzano le riunioni più ai fini della lotta politica che della governance. Si sta agitando da un anno e mezzo un enorme polverone per scopi che ancora non si comprendono. Tanto da costringere Consob a smentire ufficialmente le voci fatte circolare su presunte pressioni dell’Autorità per l’avvio dell’azione di responsabilità». Lei parla di “polverone”, ma con chi ce l’ha esattamente? «Non lo so ancora. Ma di certo posso dirle che è inverosimile che il target possa essere solo l’operato di Perissinotto. Penso invece che uno degli obbiettivi collaterali di questo polverone fosse il cambio di proprietà di Save ». Perché Save? «Mettiamo i fatti in fila uno per uno. A marzo 2012 fu improvvisamente revocato a Finint un fido di 30 milioni da Banca Generali, tanto per crearci qualche difficoltà. A dicembre 2012, con un bando aperto solo 10 giorni (dal 10 al 20 dicembre), il sindaco di Venezia Orsoni vendette la partecipazione Save al fondo Amber a 6,4 euro per azione quando ora il titolo è a 13 euro (più 2 ricevuti come dividendi): Orsoni ha regalato a chi ha acquistato 70 milioni di euro. Ma non è tutto». E cioè ? «Secondo fonti di stampa non smentite, c’era un piano per l’ingresso in Save della tedesca Fraport. Per fortuna, però, tutto questo castello è caduto: noi abbiamo difeso con le unghie e con i denti l’italianità dell’aeroporto di Venezia, un caso di eccellenza, grazie anche a tutto il “sistema Veneto” e fino al presidente Letta. Infine: quando il progetto di mettere le mani su Save è tramontato, Generali ha venduto il 10 per cento che aveva. Che senso ha vendere Save per poi puntare 50 milioni su un hedge fund inglese (Algebris di Davide Serra, NdR) , che aveva magari il merito di aver contrastato la gestione Perissinotto? Save avrebbe dovuto essere un investimento ideale per Generali: ha un contratto di programma decennale e ha ricavi e utili in crescita». In tutti questi mesi molto si è parlato delle operazioni con parti correlate realizzate da Generali con Finint (che controlla Save) e con Palladio: i ‘veneti’, in una parola. Lei che dice? «Io posso parlare per Finint, e diciamo intanto che questo modo di descrivere i rapporti tra le due società come se si fosse in presenza di una gang tra amici è estremamente scorretto e inaccettabile. Finint ha più di 500 dipendenti, che ha continuato ad incrementare anche durante la crisi, ha una proiezione internazionale e una valutazione, come operatore nelle cartolarizzazioni, “strong” di Standard & Poors (che equivale a una tripla A) e 230 operazioni di securitization per 280 miliardi in gestione. Generali ha il 10% di Finint: il nostro patrimonio netto è di 220 milioni, quindi Trieste ne ha di fatto 22, dopo aver investito 6 milioni e averne incassati 5 di dividendi. I nostri fondi di private equity hanno tutti un ottimo rendimento. Per Generali c’è stata una perdita solo sul fondo Abs, ma è perché è uscita nel 2008-2009: ora invece il fondo si è ripreso e guadagna. Non mi sembra ci sia di che lamentarsi!». IL FONDATORE DI FININT Qui sotto, Enrico Marchi, fondatore di Finint insieme ad Andrea De Vido e attuale presidente di Save, la società che controlla l’aeroporto di Venezia